Thais
Frittoli, Ataneli, Liberatore
Direttore Gianandrea Noseda
Regia Stefano Poda
Torino, Teatro Regio 2008
Produzione Rai Trade – Metis Film 2009
Arthaus Musik 101 385
Roberta Pedrotti
Che il Teatro Regio di Torino abbia preso accordi per la pubblicazione regolare in DVD dei suoi spettacoli è di per sé un’ottima notizia, soprattutto considerato il livello medio decisamente elevato delle produzioni. Per quel che abbiamo potuto constatare finora, poi, si tratta di prodotti di grande qualità, sia nella veste grafica ed editoriale sia nella realizzazione tecnica. La Thais uscita in collaborazione con ArtHaus e Rai Trade, per esempio, si avvale di un lavoro registico veramente eccellente curato dall’esperto Tiziano Mancini. Ottima la fotografia, ottimo il montaggio, suggestive e appropriate le inquadrature. A voler essere pignoli solo la traduzione italiana del libretto nei sottotitoli avrebbe potuto essere migliore, ma si tratta comunque d’un prodotto di altissima qualità. Purtroppo è lo spettacolo stesso, per quanto lussuoso nella locandina, a mostrare il fianco. In primo luogo la messa in scena firmata in toto da Stefano Poda mostra più ambizioni che contenuti reali, accumula simboli senza preoccuparsi della loro efficacia o della loro coerenza. Una scelta estetica che senza offrire suggestioni arcane e irrazionali, rifacendosi negli intenti alla pittura francese fra Moreau e i Nabis (sebbene non si ravvisi un preciso referente stilistico), confonde anche la comprensione di fatti e contenuti. Nonostante le abili cure di Mancini, insomma, nemmeno in video il lavoro di Poda ci convince: ritroviamo coreografie che non valgono la riapertura dei balletti del secondo atto contrapposte a una generica stucchevole immobilità (dov’è la sensualità della casa di Nicias, dove i profumi languorosi e inebrianti dei suoi festini in cui la musica suggerisce sinuosi intrecci di corpi e sensi?), ritroviamo comparse che si contorcono seminude in qualsivoglia situazione, spesso e volentieri pendenti dall’alto. Ritroviamo costumi che forse citano Klimt ma che sembrano più che altro tentare un’imitazione di Cappucci. Ritroviamo troppo Poda e poca, pochissima Thais, insomma. Manca, fra tanti simboli, la tensione tutta interiore che permette alla storia di una speculare conversione (Thais da cortigiana a santa, Athanael da asceta a preda della passione carnale) di reggere tutta una drammaturgia. Una tensione, purtroppo, che non emerge nemmeno nella lettura di Gianandrea Noseda, tutta tesa a delibare dettagli e trasparenze, ma piuttosto lenta nei tempi e poco incline ai brividi della carne e dello spirito. Ovviamente i cantanti ricevono ben pochi stimoli, come bloccati nell’azione e nell’espressione. Barbara Frittoli è artista di valore, ma portata a figure ben altrimenti virtuose e stilizzate, ai personaggi più lirici di Verdi (Desdemona, Amelia Grimaldi e Alice soprattutto) o Mozart; la sensualità di Thais non sembra essere nelle sue corde e, senza il sostegno della regia dei costumi e del podio, creare un personaggio credibile al debutto nel ruolo diviene impresa titanica. Per di più le impennate più acute non la trovano perfettamente a suo agio. Lado Ataneli è un solido baritono che non teme la scrittura ardente di Athanael, resa però con fraseggio terribilmente piatto e monotono. Alessandro Liberatore canta la parte di Nicias, ma, come abbiamo scritto, le scene, cruciali, che lo coinvolgono perdono tutta la loro forza: per esempio è del tutto sprecato il bel quartetto della vestizione di Athanael (che naturalmente, non viene nemmeno sfiorato, figuriamoci spogliato e agghindato!) con Crobyle, Eleonora Buratto, e Myrtale, Ketevan Kemoklidze. Palémon è Maurizio Lo Piccolo, Nadezda Serdyuk Albine, Daniela Schillaci la Charmeuse, Diego Matamoros il servo di Nicias. Il coro del Regio canta assai bene, come sempre. Un ottimo prodotto per una splendida iniziativa, insomma, ma purtroppo non uno degli spettacoli migliori visti a Torino negli ultimi anni.
Che il Teatro Regio di Torino abbia preso accordi per la pubblicazione regolare in DVD dei suoi spettacoli è di per sé un’ottima notizia, soprattutto considerato il livello medio decisamente elevato delle produzioni. Per quel che abbiamo potuto constatare finora, poi, si tratta di prodotti di grande qualità, sia nella veste grafica ed editoriale sia nella realizzazione tecnica. La Thais uscita in collaborazione con ArtHaus e Rai Trade, per esempio, si avvale di un lavoro registico veramente eccellente curato dall’esperto Tiziano Mancini. Ottima la fotografia, ottimo il montaggio, suggestive e appropriate le inquadrature. A voler essere pignoli solo la traduzione italiana del libretto nei sottotitoli avrebbe potuto essere migliore, ma si tratta comunque d’un prodotto di altissima qualità. Purtroppo è lo spettacolo stesso, per quanto lussuoso nella locandina, a mostrare il fianco. In primo luogo la messa in scena firmata in toto da Stefano Poda mostra più ambizioni che contenuti reali, accumula simboli senza preoccuparsi della loro efficacia o della loro coerenza. Una scelta estetica che senza offrire suggestioni arcane e irrazionali, rifacendosi negli intenti alla pittura francese fra Moreau e i Nabis (sebbene non si ravvisi un preciso referente stilistico), confonde anche la comprensione di fatti e contenuti. Nonostante le abili cure di Mancini, insomma, nemmeno in video il lavoro di Poda ci convince: ritroviamo coreografie che non valgono la riapertura dei balletti del secondo atto contrapposte a una generica stucchevole immobilità (dov’è la sensualità della casa di Nicias, dove i profumi languorosi e inebrianti dei suoi festini in cui la musica suggerisce sinuosi intrecci di corpi e sensi?), ritroviamo comparse che si contorcono seminude in qualsivoglia situazione, spesso e volentieri pendenti dall’alto. Ritroviamo costumi che forse citano Klimt ma che sembrano più che altro tentare un’imitazione di Cappucci. Ritroviamo troppo Poda e poca, pochissima Thais, insomma. Manca, fra tanti simboli, la tensione tutta interiore che permette alla storia di una speculare conversione (Thais da cortigiana a santa, Athanael da asceta a preda della passione carnale) di reggere tutta una drammaturgia. Una tensione, purtroppo, che non emerge nemmeno nella lettura di Gianandrea Noseda, tutta tesa a delibare dettagli e trasparenze, ma piuttosto lenta nei tempi e poco incline ai brividi della carne e dello spirito. Ovviamente i cantanti ricevono ben pochi stimoli, come bloccati nell’azione e nell’espressione. Barbara Frittoli è artista di valore, ma portata a figure ben altrimenti virtuose e stilizzate, ai personaggi più lirici di Verdi (Desdemona, Amelia Grimaldi e Alice soprattutto) o Mozart; la sensualità di Thais non sembra essere nelle sue corde e, senza il sostegno della regia dei costumi e del podio, creare un personaggio credibile al debutto nel ruolo diviene impresa titanica. Per di più le impennate più acute non la trovano perfettamente a suo agio. Lado Ataneli è un solido baritono che non teme la scrittura ardente di Athanael, resa però con fraseggio terribilmente piatto e monotono. Alessandro Liberatore canta la parte di Nicias, ma, come abbiamo scritto, le scene, cruciali, che lo coinvolgono perdono tutta la loro forza: per esempio è del tutto sprecato il bel quartetto della vestizione di Athanael (che naturalmente, non viene nemmeno sfiorato, figuriamoci spogliato e agghindato!) con Crobyle, Eleonora Buratto, e Myrtale, Ketevan Kemoklidze. Palémon è Maurizio Lo Piccolo, Nadezda Serdyuk Albine, Daniela Schillaci la Charmeuse, Diego Matamoros il servo di Nicias. Il coro del Regio canta assai bene, come sempre. Un ottimo prodotto per una splendida iniziativa, insomma, ma purtroppo non uno degli spettacoli migliori visti a Torino negli ultimi anni.
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