Foto: Daniel Ratti / Teatro Regio di Torino
Massimo ViazzoTorna al Teatro Regio di Torino, quasi un secolo e mezzo dopo, l’opera d’esordio di Giacomo Puccini, Le Villi, andata in scena con grande successo al Teatro dal Verme di Milano nel maggio del 1884 e ripresa nei mesi successivi proprio a Torino, e poi ancora alla Scala, in forma rielaborata e con le importanti aggiunte delle due arie affidate ai protagonisti, «Se come voi piccina» (Anna) e «Torna ai felici dì» (Roberto), quest’ultima senz’altro la pagine più celebre dell’opera. Puccini mette in scena un soggetto fantastico, ultraterreno, ispirato a leggende mitteleuropee, il cui libretto, redatto da Ferdinando Fontana (librettista anche del successivo Edgar), si basa sul balletto Giselle di Adolphe Adam e sul racconto Les Willis di Alphonse Karr. Le Villi sono creature soprannaturali che vendicano gli amori traditi. E nell’opera di Puccini a farne le spese con la vita sarà Roberto che dopo aver giurato fedeltà a Maria, la tradisce condannandola a morire di crepacuore. La vicenda è ambientata in Germania, in una località della Foresta Nera, in cui i due innamorati, con la benedizione del padre di lei Guglielmo, stipulano la loro promessa di matrimonio prima che Roberto intraprenda il fatale viaggio per acquisire una eredità a Magonza, città nella quale sarà sedotto da una sirena ammaliatrice. Il regista Pier Francesco Maestrini ha impostato uno spettacolo descrittivo, rispettoso del libretto e visivamente accattivante, con un primo atto ambientato in uno splendido padiglione di fine Ottocento, praticamente contestuale all’epoca della composizione dell’opera, mentre il secondo atto si svolgeva in una foresta dalle atmosfere gotiche e un po’ fantasy, facendo ricorso a proiezioni video, suggestive ed evocative, anche durante l’esecuzione delle due pregevoli pagine sinfoniche ad inizio del secondo atto, “L’abbandono” e “La tregenda”. Ricordo anche i bei costumi disegnati da Luca Dell’Alpi, le scene pertinenti di Guillermo Nova (autore anche delle proiezioni), sempre ben illuminate da Bruno Ciulli. Ricordo altresì che Le Villi sono un opera-ballo e quindi anche le coreografie hanno la loro importanza e quelle preparate da Michele Cosentino sono parse appropriate ed efficaci, non appesantendo o distraendo il pubblico nella fruizione dello spettacolo. Per quanto riguarda la parte musicale la bacchetta è stata affidata a Riccardo Frizza che ha diretto con mestiere e con un buon passo teatrale. Più che ad una cura dei particolari il direttore bresciano è parso interessato al disegno complessivo del lavoro pucciniano, sbalzato con energia e risolutezza. I tre protagonisti vocali hanno invece convinto in parte. Roberta Mantegna nella parte di Anna ha mostrato voce lirica con dizione chiara e buona proiezione vocale. La linea di canto nitida e pura ha saputo trasmettere emozioni. Azer Zada ha cantato il ruolo di Roberto mettendo in luce una certa musicalità nella zona centrale della tessitura, ma il peso vocale del tenore azero è parso un po’ limitato e gli acuti a volte un po’ aperti. Mentre Simone Piazzola nei panni di Guglielmo Wulf ha cantato con una certa sicurezza e solidità, con timbro nobile, anche se la linea musicale è parsa un po’ monotona e non sempre rifinita. Con i suoi mezzi vocali ci si sarebbe aspettato di più nella sua importante scena e aria del secondo atto “No, possibil non è che invendicata... Anima santa della figlia mia”. Infine un encomio al Coro del Teatro Regio diretto da Ulisse Trabacchin con cura e attenzione anche nei momenti più esplosivi.
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